giovedì 11 settembre 2008

Vescovo Nuovo

08 settembre
Abbiamo un nuovo Vescovo!!!
SALUTO DEL NUOVO ARCIVESCOVO
ALLA CHIESA E ALLA CITTÀ DI FIRENZE

Fratelli e Sorelle carissimi,
avevo poco più di 19 anni quando, all’indomani del 4 novembre 1966, insieme ad alcuni amici del Seminario Lombardo di Roma decidemmo di partire notte tempo alla volta di Firenze. Ricordo ancora, non senza emozione, l’impatto devastante dell’acqua e del fango che invadevano la città, e lo sguardo attonito di tanti, specie bambini e anziani, di fronte a ciò che li circondava. Furono momenti di paura e di fatica, ma anche di solidarietà e di speranza. Su tutto alla fine sembrò prevalere un senso di liberazione: ogni oggetto che veniva tratto in salvo, ogni casa restituita alla vita era un dono che ridonava luminosità allo sguardo di qualcuno. Quei giorni mi svelarono una cosa che non avrei più dimenticato: la bellezza ferita eppure composta e al dunque inviolabile di questa città, delle sue pietre e della sua gente.
Il ricordo è per introdurre una confidenza. Quando mi è stata comunicata la decisione del Santo Padre di inviarmi a Firenze come Arcivescovo, mi è sembrato per un attimo di risentire il frastuono e la convulsione di quei giorni. Questa volta erano le acque impetuose della mia personale trepidazione, consapevole come sono della distanza che sempre rimane tra il dono di Dio e la limitatezza dell’uomo. E tuttavia proprio quel ricordo giovanile mi ha accompagnato da subito nella preghiera per Voi e, nell’attesa di incontrarVi, mi ha confortato. Mi sono accorto così, con il passare dei giorni, che la mia era certo trepidazione, ma non timore, perché nulla può impaurire un discepolo che vuole seguire Gesù, essendo certo il Suo sostegno sempre affidabile. L’unico timore che ci è dato di nutrire è quello verso Dio, e si traduce non nella paura ma in obbedienza e dedizione. Sono proprio questi gli atteggiamenti di fondo con i quali fin da ora vorrei presentarmi a Voi: obbedienza al Signore e dedizione al Suo popolo, perché la testimonianza di Lui possa risplendere in noi e possiamo insieme rifrangerla sulla città e il territorio in cui è posta la tenda della nostra Chiesa, diventando, secondo il precetto di Gesù (cfr Mt 5,13-16), sale e luce per la terra in cui siamo chiamati a vivere la nostra fede.
So che il Signore mi manda a una Chiesa singolare per storia, arte e temperamento civile. Tanta ricchezza ridonda fino ai giorni presenti, pur non privi di difficoltà e ombre. Anche oggi, infatti, non mancano i segni della santità, le tracce della bellezza, i cercatori della verità, i testimoni dell’amore. Chi crede e ama, sa che la speranza prevale, e tutto vince. Per questo, a ognuno di Voi, guardandolo distintamente negli occhi, chiedo di aprirsi senza remore all’ascolto della Parola che genera la fede e alla comunione che valorizza tutti i doni e che è premessa della missione. Ognuno secondo il proprio ministero, carisma e condizione di vita: sacerdoti e diaconi, religiose e religiosi e tutti i consacrati, fedeli laici, donne e uomini; e poi anziani, adulti, giovani, ragazzi, fanciulli con tutte le famiglie, e una esplicita preferenza per quanti sono nella sofferenza, specialmente a causa di disabilità o malattie, e per quanti sono afflitti dalla povertà nelle sue varie forme.
A tutti offro disponibilità all’ascolto e al dialogo, chiedendo a mia volta di essere accolto e aiutato a svolgere il mio servizio per la crescita comune. Mi piace parlare di questo servizio con le parole dell’apostolo Paolo: «preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,12-13). Non c’è un modo più efficace per dire quello che ci attende, quello che a partire da oggi sarà il senso di ogni mio pensiero e di ogni mio passo, a cui chiedo si uniscano i vostri pensieri e i vostri passi, perché insieme abbiamo a camminare verso quella concordia e quella pace di cui Firenze è stata nel mondo un faro luminoso. E dovrà continuare ad esserlo, attraverso una nuova creatività. È questo che sentiamo come nostro imprescindibile dovere e questo ci domandano anche quanti – non credenti o credenti di altre esperienze religiose – condividono con noi l’umana esperienza in Firenze e nelle altre città e paesi di questo territorio: anche a loro va il mio saluto rispettoso e cordiale, nella certezza che sia possibile operare solidalmente nella ricerca del bene comune. L’ora di Firenze non appartiene al passato. Non si spegne il genio di una città e di una terra se il braciere di Dio continua ad ardervi e a purificare i cuori, se le intelligenze continuano a interrogarsi e a cercare, se le volontà riescono a uscire dal proprio guscio e si proiettano verso traguardi inediti, commisurati alle sfide e alle responsabilità.
La mia nomina viene resa nota nel giorno in cui, più di sette secoli fa, fu posta la prima pietra della nostra Cattedrale: è una felice coincidenza, che a tutti ricorda come le promesse di Dio si dischiudono a ogni tornante della storia, in ogni stagione in cui si edifica la Chiesa, che poggia sulla pietra angolare che è Cristo, Fiore sbocciato dal seno verginale di Maria. A me viene chiesto – per grazia − di continuare ora l’opera che i miei predecessori hanno orientato nei tempi passati, fino agli ultimi: il cardinale Silvano Piovanelli e il cardinale Ennio Antonelli, chiamato a una nuova significativa missione a servizio della Chiesa universale. A loro e a tutti i pastori dell’Arcidiocesi fiorentina va in questo momento il mio pensiero e la mia gratitudine.
A tutti Voi chiedo fin da ora il dono di una preghiera come supplica d’amore, perché alla mia indigenza soccorra la potenza del Signore. Così uniti, non ci mancherà la potente intercessione della Vergine Maria, della cui nascita oggi facciamo memoria, quella di San Giovanni Battista, di San Zanobi, di tutti i Santi e i Beati della Chiesa fiorentina, alla cui protezione affido me, il mio ministero, la città di Firenze e le città e i paesi dell’Arcidiocesi tutta.

Roma, 8 settembre 2008
Memoria della Natività della Beata Vergine Maria

giovedì 31 luglio 2008

Amicizia

«L’amicizia è una compagnia guidata al destino. Bisogna cercare questa amicizia. L’amicizia non è la possibilità di sfogarsi vicendevolmente. L’amicizia è possedere in comune qualcosa di grande. L’amicizia è tanto più grande quanto più è grande ciò che si possiede in comune. Perciò la più grande amicizia è possedere in comune il destino. Una compagnia guidata al destino». Luigi Giussani

martedì 1 luglio 2008

Vocazione



“Discernere l’orientamento della propria vita è l’avventura più appassionante che esista, ma è anche la più rischiosa. L’avventura è appassionante perché fa appello al lato più bello della libertà, dell’intelligenza e dell’amore. Ma è rischiosa perché può essere doloroso non trovare il proprio posto e una cosa grave sbagliare strada”. Lo scrive fr. Pierre-Marie nel quaderno 83 di Sources vives intitolato Quelle vocation? (Quale vocazione?), completamente dedicato a questo argomento. Le riflessioni che propone sono insieme un interrogativo e una proposta.
Perché non è facile discernere la proprio vocazione? “Non c’è niente di più sicuro, scrive, se si crede che Dio che ci ha salvati ci ha anche chiamati con una vocazione santa (2Tm 1,9). Ma niente è ugualmente più aleatorio, quando si sa che questo Dio che ci chiama nessuno ha mai udito la voce né visto il suo volto (Gv 5,37); e alla fine ciascuno rimane radicalmente solo di fronte alla proprio scelta”. Come allora giungere con sufficiente e ragionevole sicurezza a questa scelta da cui dipende tutta la propria vita? A quali principi e orientamenti fare riferimento? Come sapere a quale vocazione si è chiamati?
Il problema può essere impostato secondo fr. Pierre-Marie, partendo da tre immagini evangeliche da cui derivano tre interrogativi: come costruire la propria casa (Mt 7,24), come fare fruttificare l’albero della propria vita (Mt 7,17), quale via prendere per giungere alla meta (Gv 14,4)?
A questi interrogativi, sottolinea fr. Pierre-Marie, Gesù ha già risposto con grande chiarezza. La casa da costruire potrà reggere ai venti e alle acque se è costruita sulla roccia della fiducia in Dio; l’albero piantato darà i frutti se è radicato sul buon terreno dell’umiltà; la strada intrapresa ci condurrà alla casa del Padre se camminiamo al seguito di colui che è la via delle nostre vite. In altre parole: “Appoggiamoci sulla forza della fede, rimaniamo ancorati all’humus dell’umiltà e camminiamo alla luce di Cristo. Allora possiamo essere sicuri che la nostra vocazione sarà già ben illuminata, ben percepita e bene orientata”. Ma se “vogliamo giudicare tutto con la sola nostra luce, decidere senza la grazia della fede, e intraprendere tutto senza riferimento all’umiltà, allora non faremo altro che quello che piace a noi”. Si tratta di una magra soddisfazione:”Ciò sarà fragile quanto caduco, poiché è solo terrestre e umano”.
Da queste affermazioni si può ricavare un primo dato fondamentale: "Nella nostra vita, niente di meglio può capitarci di ciò che Dio desidera per ciascuno di noi”. Perché questo? “Perché egli è onnipotente e pieno di amore”. Come dice Gesù: “Il Padre sa di che cosa avete bisogno”e a lui piace accordarci ogni cosa buona poiché, come scrive Paolo, “è Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione”(2Cor 1,3). Non c’è quindi nulla da temere, Dio che ci chiama infatti è fedele (1Ts 5,24) e non dobbiamo cercare altro che di diventare “imitatori di Dio, quali figli carissimi”. (Ef 5,1)
In questo modo, sottolinea fr.Pierre-Marie, il problema del discernimento è ben impostato nel senso che la vocazione è più qualcosa da ricevere che da cercare. E così costituisce una grande garanzia. Come figli di Dio possiamo allora discernere ciò che è gradito al Signore, accettando fin dall’inizio il modo di vivere che piace a Dio (1 Ts 4,1). E colui che ci da la grazia di iniziare, ci donerà anche la forza di portare a compimento l’opera iniziata.
Si può pertanto dire: è Dio che custodisce nel suo cuore il più bel progetto della mia vita. La vocazione quindi è da ricevere dalla sua mano. Come del resto immaginare per la propria vita un progetto migliore?
Resta però vero che se Dio chiama tutti, è altrettanto vero che non tutti ci troviamo sulla stessa linea di partenza. Certamente egli vuole che tutti gli uomini siano salvi (cf. 1Tm 2,4), ma gli inviti che rivolge sono sensibilmente diversi. Non è infatti indifferente essere nati in un paese piuttosto che in un altro, in una determinata cultura, clima religioso, ambiente familiare. Le risposte perciò saranno diverse quanto sono varie le situazioni.
Significativa in questo senso, rileva fr. Pierre-Marie, è la parabola dei talenti: la vocazione di chi ne ha ricevuto uno consiste nel restituirne due, di chi ne ha ricevuto cinque nel darne dieci, e di chi ne ha ricevuti dieci nel ridonarne venti. Alla fine, ciascuno potrà essere chiamato da Dio “servo buono e fedele”.
Ogni cristiano ha davanti a sé una strada illuminata da segnali ben precisi. Una prima luce indica chiaramente che esiste una vocazione comune, che non è facoltativa: è la chiamata alla santità. Dio, unico creatore di tutti, chiama ciascuno a diventare sua immagine e somiglianza, come è scritto: "Sarete santi perché io sono santo” (Lv 19,2). Per la medesima ragione, ciascuno è chiamato a diventare figlio di Dio e ad essere perfetto come il Padre celeste è perfetto (Mt 5,48).
Una seconda luce è il rinvio a un riferimento unico: il Vangelo, il Vangelo di Dio che è anche il Vangelo di salvezza e di vita, in una parola, è il Vangelo di Cristo che invita tutti alla stessa sua imitazione. È quindi in lui che dobbiamo camminare ed essere radicati e fondati (Col 2,6). La via quindi è tracciata. Si tratta ora di condurre una vita degna del Vangelo di Cristo (Fil 1,27).
Una terza luce è la certezza che lo Spirito è presente in ciascuno di noi ed è lui che suscita in noi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni (cf. Fil 2,13). In questo modo, commenta fr. Pierre-Marie, “chiamati dal Padre a una via di santità, invitati da Cristo a seguire il Vangelo di salvezza, spinti interiormente dallo Spirito a vivere da figli di Dio, possiamo andare avanti. La strada ha una segnaletica precisa. Non dobbiamo cercare nella nebbia del dubbio. L’essenziale ci è già stato detto”.
Anche la strada è comune a tutti e identica per tutti. In ogni esistenza,qualunque sia, ci sono delle prove, delle difficoltà, delle sofferenze. In una parola ciascuno deve prendere ogni giorno la sua croce. La croce di una vocazione che non può consistere nell’evitare di portare la propria croce. Essa si trova agli incroci di tutte le vite. Croce del matrimonio e croce del celibato, croce della disoccupazione e croce del lavoro, croce delle esigenze della fede e croce della notte del dubbio, croce dell’obbedienza che costa e croce dell’indipendenza che delude, croce della povertà che restringe e della ricchezza che rattrista, e la lista si può prolungare. “Il discernimento della propria vocazione non consiste quindi nel trovare uno stato di vita senza difficoltà. È una cosa che non esiste. Si tratta invece di scegliere di portare la propria croce al seguito di Cristo e allora lui la porta con noi (cf. Lc 9,23). L’essenziale della vocazione cristiana consiste inoltre nel vivere di amore e di fede. Basta infatti amare, attingendo, mediante la fede, alla sorgente di amore che scaturisce dalla preghiera. L’apostolo dice che quello che conta è la fede che opera per mezzo della carità” (Gal 5,6).
A questo, si può aggiungere un’altra certezza: ogni vocazione cristiana è una vocazione alla nuzialità. Tutti, sposati, celibi o consacrati siamo invitati ad amare Cristo come sposo, poiché siamo suo corpo ed egli dimora in noi e noi in lui.
Un’altra verità che riguarda la via comune, identica per tutti, è che è Dio solo che ci santifica. La nostra santità quindi consiste nell’accogliere la sua: “L’essenziale del nostro discernimento non consiste di conseguenza in questo o quello stato di vita, ma nella determinazione che abbiamo oppure no di lasciarci santificare da lui…Questo è il cammino comune proposto dal Dio unico a tutti gli uomini di buona volontà”.
Il fatto che ci sia una chiamata universale alla santità e che a tutti sia proposta una via comune, non dispensa nessuno dal ricercare la propria via. È qui che entra in gioco la nostra santa libertà. Si pone allora la domanda: come fare discernimento? Si può rispondere che sono tre gli elementi o luci da tenere presenti.
Il primo è la voce della coscienza.
È la legge iscritta nei nostri cuori attraverso cui Dio parla a ciascuno interiormente (cf. Rm 2,15). Nel profondo di ogni cuore, nell’intimo del nostro spirito c’è un’attesa, un desiderio, un’attrattiva, così che ciascuno può esclamare: ecco ciò che sento, ecco ciò che mi piace; ecco ciò che mi parla. Ed è a questa voce che bisogna rispondere. E dove c’è lo Spirito del Signore, c’è la libertà (cf. 2Cor 3,17). Una volta così illuminati, bisogna scegliere quello che si desidera, ciò verso cui è incline il nostro cuore, ciò a cui aspira la propria anima e a cui il nostro spirito si sente chiamato. È importante amare il mestiere che si sceglie, desiderare lo stato di vita che si abbraccia, essere a proprio agio nella forma di esistenza che si vuole scegliere, sempre restando attenti all’invito alla cosa più perfetta (Mt 19,21). La gioia e la pace che si provano al pensiero di una tale scelta costituiscono il test più sicuro che è quello ciò a cui ci si sente attratti.
Il secondo elemento è il filo degli avvenimenti. La voce della coscienza ci offre delle indicazioni. Ma, sottolinea fr.Pierre-Marie, bisogna precisarle, verificarle, forse ri-comprenderle. È qui che ci viene in aiuto la luce degli avvenimenti che, a partire dalla nascita, tessono la nostra vita. Cosa mi è stato dato di vivere? Da quale famiglia sono uscito? Cosa mi hanno apportato l’educazione ricevuta, gli studi compiuti, le esperienze vissute? Quel fallimento, quel successo, quel incontro un giorno, quel passaggio casuale in un’altra circostanza: tutto è grazia di Dio che dona la crescita e di giorno e di notte ci conduce (cf. 1Cor 3,6).
Quella porta chiusa, quella pista aperta, quel ostacolo incontrato, quella attrattiva improvvisamente sentita, anche i peccati. La storia dei santi è molto eloquente al riguardo. Anche noi, se osserviamo il filo della nostra vita, vedremo che è piena di piccole luci che sotto i nostri passi tracciano un vero cammino di luce. Inoltre è necessario saper interpretare anche i segni dei tempi.
L’Altro elemento è la conferma da parte di un’altra persona. Infatti, per quanto illuminata possa essere la nostra coscienza, e per quanto eloquente sia la traiettoria della nostra vita, è indispensabile discernere gli spiriti. Quando Gesù dice: "Voi siete la luce del mondo”, non parla al singolare, ma al plurale (Mt 5,14). È insieme che si cresce nella luce per diventare a nostra volta luminosi, è nella chiesa, al plurale, che si diventa figli della luce per discernere ciò che è gradito a Dio (Ef 5,8-9). Un buon ritiro, un buon soggiorno in un monastero, l’ascolto attento di un padre spirituale: tutto ciò non può che aiutare a discernere la propria vocazione. In una parola, osserva fr.Pierre-Marie, “se c’è convergenza tra la voce della mia coscienza, la luce degli avvenimenti e la conferma da parte di una persona degna di fede, non pretendiamo di più: la via è quella!”.
Giunti a questo punto, tocca a ciascuno decidere, “tanto meglio se con un po’ di tremore; il diavolo ha la mania di servirsi della paura e di seminare il dubbio. Ma la pace ritorna presto, la gioia riprende a crescere, si valuta, si riflette e alla fine ci si rende conto che quella è la propria via”.
Infine, per portare a compimento un buon discernimento, prosegue Pierre-Marie, saranno utili i seguenti quattro atteggiamenti: anzitutto pregare; in secondo luogo ascoltare (il proprio corpo, la propria anima, il proprio cuore, il proprio spirito, l’intelligenza, l’affettività, la volontà ), senza dimenticare che il Vangelo e la Chiesa sono qui per aiutarci. In terzo luogo, decidersi, sapendo che scegliere vuol dire eliminare, e che impegnarsi in una cosa significa rinunciare ad un’altra. Ma bisogna decidersi. Non si può infatti passare tutta la vita a tergiversare o a oziare. Infine, stare alla scelta fatta, senza ignorare che tutto è relativo e quindi imperfetto, e che se tutto è imperfetto è anche deludente. La pace, la luce, la gioia sono promesse e ci sono date, ma la felicità, qualunque sia il nostro stato di vita, è per lassù. Come ha detto la Vergine di Lourdes a Bernardetta: "Non ti prometto di renderti felice in questo mondo ma nell’altro...". Fr. Pierre-Marie conclude

venerdì 2 maggio 2008

Carron agli esercizi ha iniziato con

Tratto da Vangelo di Luca 17, 11-19. I DIECI LEBBROSI
Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: "Gesù maestro, abbi pietà di noi!". Appena li vide, Gesù disse: "Andate a presentarvi ai sacerdoti". E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: "Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?". E gli disse: "Alzati e Va'; la tua fede ti ha salvato!".

mercoledì 30 aprile 2008

Esercizi Spirituali

IL titolo degli esercizi è Questa è La Vittoria Che Vince Il Mondo La Nostra Fede Circa 28 Mila Aderenti e iscritti alla fraternita hanno partecipato guidati da Don Carron alla 3 giorni di Rimini


Messaggio N°2
30-04-2008 - 16:09

25 27 Aprile 2008 a Rimini Esercizi Spirituali Fraternita di Comunione e Liberazione

mercoledì 16 gennaio 2008

Che val la vita se non per essere data? E perche' affannarsi quando e' cosi' semplice obbedire? (P. Claudel)
L'entusiasmo della dedizione e' imparagonabile all'entusiasmo della bellezza (don Giussani)

mercoledì 9 gennaio 2008

Creator Spirito

Discendi, Santo Spirito,

le nostre menti illumina;

del ciel la grazia accordaci

Tu, Creator degli uomini.

Chiamato sei Paraclito

E dono dell’Altissimo,

sorgente limpidissima

d’Amore fiamma vivida.

I sette dono mandaci,

onnipotente Spirito;

le nostre labbra tiepide

in te sapienza attingano.

I nostri sensi illumina,

fervor nei cuori infondici;

rinvigorisci l’anima

nei nostri corpi deboli.

Dal male Tu ci liberi,

serena pace affrettaci,

con Te vogliamo vincere

ogni mortal pericolo.

Il Padre Tu rivelaci

E il Figlio unigenito;

per sempre tutti credano

in Te divino Spirito.

Al Padre gloria, al Figlio

Morto e risorto splendido,

insieme con lo Spirito

per infiniti secoli. Amen

V. – Manda il Tuo Spirito e sarà una nuova creazione.

R. – E rinnoverai la faccia della terra.

Preghiamo: O Dio che hai istruito i tuoi fedeli, illuminando i loro cuori con la luce dello Spirito Santo, concedi a noi di avere nello stesso Spirito il gusto del bene e di godere sempre del suo conforto. Per Cristo nostro Signore. Amen.