giovedì 31 luglio 2008

Amicizia

«L’amicizia è una compagnia guidata al destino. Bisogna cercare questa amicizia. L’amicizia non è la possibilità di sfogarsi vicendevolmente. L’amicizia è possedere in comune qualcosa di grande. L’amicizia è tanto più grande quanto più è grande ciò che si possiede in comune. Perciò la più grande amicizia è possedere in comune il destino. Una compagnia guidata al destino». Luigi Giussani

martedì 1 luglio 2008

Vocazione



“Discernere l’orientamento della propria vita è l’avventura più appassionante che esista, ma è anche la più rischiosa. L’avventura è appassionante perché fa appello al lato più bello della libertà, dell’intelligenza e dell’amore. Ma è rischiosa perché può essere doloroso non trovare il proprio posto e una cosa grave sbagliare strada”. Lo scrive fr. Pierre-Marie nel quaderno 83 di Sources vives intitolato Quelle vocation? (Quale vocazione?), completamente dedicato a questo argomento. Le riflessioni che propone sono insieme un interrogativo e una proposta.
Perché non è facile discernere la proprio vocazione? “Non c’è niente di più sicuro, scrive, se si crede che Dio che ci ha salvati ci ha anche chiamati con una vocazione santa (2Tm 1,9). Ma niente è ugualmente più aleatorio, quando si sa che questo Dio che ci chiama nessuno ha mai udito la voce né visto il suo volto (Gv 5,37); e alla fine ciascuno rimane radicalmente solo di fronte alla proprio scelta”. Come allora giungere con sufficiente e ragionevole sicurezza a questa scelta da cui dipende tutta la propria vita? A quali principi e orientamenti fare riferimento? Come sapere a quale vocazione si è chiamati?
Il problema può essere impostato secondo fr. Pierre-Marie, partendo da tre immagini evangeliche da cui derivano tre interrogativi: come costruire la propria casa (Mt 7,24), come fare fruttificare l’albero della propria vita (Mt 7,17), quale via prendere per giungere alla meta (Gv 14,4)?
A questi interrogativi, sottolinea fr. Pierre-Marie, Gesù ha già risposto con grande chiarezza. La casa da costruire potrà reggere ai venti e alle acque se è costruita sulla roccia della fiducia in Dio; l’albero piantato darà i frutti se è radicato sul buon terreno dell’umiltà; la strada intrapresa ci condurrà alla casa del Padre se camminiamo al seguito di colui che è la via delle nostre vite. In altre parole: “Appoggiamoci sulla forza della fede, rimaniamo ancorati all’humus dell’umiltà e camminiamo alla luce di Cristo. Allora possiamo essere sicuri che la nostra vocazione sarà già ben illuminata, ben percepita e bene orientata”. Ma se “vogliamo giudicare tutto con la sola nostra luce, decidere senza la grazia della fede, e intraprendere tutto senza riferimento all’umiltà, allora non faremo altro che quello che piace a noi”. Si tratta di una magra soddisfazione:”Ciò sarà fragile quanto caduco, poiché è solo terrestre e umano”.
Da queste affermazioni si può ricavare un primo dato fondamentale: "Nella nostra vita, niente di meglio può capitarci di ciò che Dio desidera per ciascuno di noi”. Perché questo? “Perché egli è onnipotente e pieno di amore”. Come dice Gesù: “Il Padre sa di che cosa avete bisogno”e a lui piace accordarci ogni cosa buona poiché, come scrive Paolo, “è Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione”(2Cor 1,3). Non c’è quindi nulla da temere, Dio che ci chiama infatti è fedele (1Ts 5,24) e non dobbiamo cercare altro che di diventare “imitatori di Dio, quali figli carissimi”. (Ef 5,1)
In questo modo, sottolinea fr.Pierre-Marie, il problema del discernimento è ben impostato nel senso che la vocazione è più qualcosa da ricevere che da cercare. E così costituisce una grande garanzia. Come figli di Dio possiamo allora discernere ciò che è gradito al Signore, accettando fin dall’inizio il modo di vivere che piace a Dio (1 Ts 4,1). E colui che ci da la grazia di iniziare, ci donerà anche la forza di portare a compimento l’opera iniziata.
Si può pertanto dire: è Dio che custodisce nel suo cuore il più bel progetto della mia vita. La vocazione quindi è da ricevere dalla sua mano. Come del resto immaginare per la propria vita un progetto migliore?
Resta però vero che se Dio chiama tutti, è altrettanto vero che non tutti ci troviamo sulla stessa linea di partenza. Certamente egli vuole che tutti gli uomini siano salvi (cf. 1Tm 2,4), ma gli inviti che rivolge sono sensibilmente diversi. Non è infatti indifferente essere nati in un paese piuttosto che in un altro, in una determinata cultura, clima religioso, ambiente familiare. Le risposte perciò saranno diverse quanto sono varie le situazioni.
Significativa in questo senso, rileva fr. Pierre-Marie, è la parabola dei talenti: la vocazione di chi ne ha ricevuto uno consiste nel restituirne due, di chi ne ha ricevuto cinque nel darne dieci, e di chi ne ha ricevuti dieci nel ridonarne venti. Alla fine, ciascuno potrà essere chiamato da Dio “servo buono e fedele”.
Ogni cristiano ha davanti a sé una strada illuminata da segnali ben precisi. Una prima luce indica chiaramente che esiste una vocazione comune, che non è facoltativa: è la chiamata alla santità. Dio, unico creatore di tutti, chiama ciascuno a diventare sua immagine e somiglianza, come è scritto: "Sarete santi perché io sono santo” (Lv 19,2). Per la medesima ragione, ciascuno è chiamato a diventare figlio di Dio e ad essere perfetto come il Padre celeste è perfetto (Mt 5,48).
Una seconda luce è il rinvio a un riferimento unico: il Vangelo, il Vangelo di Dio che è anche il Vangelo di salvezza e di vita, in una parola, è il Vangelo di Cristo che invita tutti alla stessa sua imitazione. È quindi in lui che dobbiamo camminare ed essere radicati e fondati (Col 2,6). La via quindi è tracciata. Si tratta ora di condurre una vita degna del Vangelo di Cristo (Fil 1,27).
Una terza luce è la certezza che lo Spirito è presente in ciascuno di noi ed è lui che suscita in noi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni (cf. Fil 2,13). In questo modo, commenta fr. Pierre-Marie, “chiamati dal Padre a una via di santità, invitati da Cristo a seguire il Vangelo di salvezza, spinti interiormente dallo Spirito a vivere da figli di Dio, possiamo andare avanti. La strada ha una segnaletica precisa. Non dobbiamo cercare nella nebbia del dubbio. L’essenziale ci è già stato detto”.
Anche la strada è comune a tutti e identica per tutti. In ogni esistenza,qualunque sia, ci sono delle prove, delle difficoltà, delle sofferenze. In una parola ciascuno deve prendere ogni giorno la sua croce. La croce di una vocazione che non può consistere nell’evitare di portare la propria croce. Essa si trova agli incroci di tutte le vite. Croce del matrimonio e croce del celibato, croce della disoccupazione e croce del lavoro, croce delle esigenze della fede e croce della notte del dubbio, croce dell’obbedienza che costa e croce dell’indipendenza che delude, croce della povertà che restringe e della ricchezza che rattrista, e la lista si può prolungare. “Il discernimento della propria vocazione non consiste quindi nel trovare uno stato di vita senza difficoltà. È una cosa che non esiste. Si tratta invece di scegliere di portare la propria croce al seguito di Cristo e allora lui la porta con noi (cf. Lc 9,23). L’essenziale della vocazione cristiana consiste inoltre nel vivere di amore e di fede. Basta infatti amare, attingendo, mediante la fede, alla sorgente di amore che scaturisce dalla preghiera. L’apostolo dice che quello che conta è la fede che opera per mezzo della carità” (Gal 5,6).
A questo, si può aggiungere un’altra certezza: ogni vocazione cristiana è una vocazione alla nuzialità. Tutti, sposati, celibi o consacrati siamo invitati ad amare Cristo come sposo, poiché siamo suo corpo ed egli dimora in noi e noi in lui.
Un’altra verità che riguarda la via comune, identica per tutti, è che è Dio solo che ci santifica. La nostra santità quindi consiste nell’accogliere la sua: “L’essenziale del nostro discernimento non consiste di conseguenza in questo o quello stato di vita, ma nella determinazione che abbiamo oppure no di lasciarci santificare da lui…Questo è il cammino comune proposto dal Dio unico a tutti gli uomini di buona volontà”.
Il fatto che ci sia una chiamata universale alla santità e che a tutti sia proposta una via comune, non dispensa nessuno dal ricercare la propria via. È qui che entra in gioco la nostra santa libertà. Si pone allora la domanda: come fare discernimento? Si può rispondere che sono tre gli elementi o luci da tenere presenti.
Il primo è la voce della coscienza.
È la legge iscritta nei nostri cuori attraverso cui Dio parla a ciascuno interiormente (cf. Rm 2,15). Nel profondo di ogni cuore, nell’intimo del nostro spirito c’è un’attesa, un desiderio, un’attrattiva, così che ciascuno può esclamare: ecco ciò che sento, ecco ciò che mi piace; ecco ciò che mi parla. Ed è a questa voce che bisogna rispondere. E dove c’è lo Spirito del Signore, c’è la libertà (cf. 2Cor 3,17). Una volta così illuminati, bisogna scegliere quello che si desidera, ciò verso cui è incline il nostro cuore, ciò a cui aspira la propria anima e a cui il nostro spirito si sente chiamato. È importante amare il mestiere che si sceglie, desiderare lo stato di vita che si abbraccia, essere a proprio agio nella forma di esistenza che si vuole scegliere, sempre restando attenti all’invito alla cosa più perfetta (Mt 19,21). La gioia e la pace che si provano al pensiero di una tale scelta costituiscono il test più sicuro che è quello ciò a cui ci si sente attratti.
Il secondo elemento è il filo degli avvenimenti. La voce della coscienza ci offre delle indicazioni. Ma, sottolinea fr.Pierre-Marie, bisogna precisarle, verificarle, forse ri-comprenderle. È qui che ci viene in aiuto la luce degli avvenimenti che, a partire dalla nascita, tessono la nostra vita. Cosa mi è stato dato di vivere? Da quale famiglia sono uscito? Cosa mi hanno apportato l’educazione ricevuta, gli studi compiuti, le esperienze vissute? Quel fallimento, quel successo, quel incontro un giorno, quel passaggio casuale in un’altra circostanza: tutto è grazia di Dio che dona la crescita e di giorno e di notte ci conduce (cf. 1Cor 3,6).
Quella porta chiusa, quella pista aperta, quel ostacolo incontrato, quella attrattiva improvvisamente sentita, anche i peccati. La storia dei santi è molto eloquente al riguardo. Anche noi, se osserviamo il filo della nostra vita, vedremo che è piena di piccole luci che sotto i nostri passi tracciano un vero cammino di luce. Inoltre è necessario saper interpretare anche i segni dei tempi.
L’Altro elemento è la conferma da parte di un’altra persona. Infatti, per quanto illuminata possa essere la nostra coscienza, e per quanto eloquente sia la traiettoria della nostra vita, è indispensabile discernere gli spiriti. Quando Gesù dice: "Voi siete la luce del mondo”, non parla al singolare, ma al plurale (Mt 5,14). È insieme che si cresce nella luce per diventare a nostra volta luminosi, è nella chiesa, al plurale, che si diventa figli della luce per discernere ciò che è gradito a Dio (Ef 5,8-9). Un buon ritiro, un buon soggiorno in un monastero, l’ascolto attento di un padre spirituale: tutto ciò non può che aiutare a discernere la propria vocazione. In una parola, osserva fr.Pierre-Marie, “se c’è convergenza tra la voce della mia coscienza, la luce degli avvenimenti e la conferma da parte di una persona degna di fede, non pretendiamo di più: la via è quella!”.
Giunti a questo punto, tocca a ciascuno decidere, “tanto meglio se con un po’ di tremore; il diavolo ha la mania di servirsi della paura e di seminare il dubbio. Ma la pace ritorna presto, la gioia riprende a crescere, si valuta, si riflette e alla fine ci si rende conto che quella è la propria via”.
Infine, per portare a compimento un buon discernimento, prosegue Pierre-Marie, saranno utili i seguenti quattro atteggiamenti: anzitutto pregare; in secondo luogo ascoltare (il proprio corpo, la propria anima, il proprio cuore, il proprio spirito, l’intelligenza, l’affettività, la volontà ), senza dimenticare che il Vangelo e la Chiesa sono qui per aiutarci. In terzo luogo, decidersi, sapendo che scegliere vuol dire eliminare, e che impegnarsi in una cosa significa rinunciare ad un’altra. Ma bisogna decidersi. Non si può infatti passare tutta la vita a tergiversare o a oziare. Infine, stare alla scelta fatta, senza ignorare che tutto è relativo e quindi imperfetto, e che se tutto è imperfetto è anche deludente. La pace, la luce, la gioia sono promesse e ci sono date, ma la felicità, qualunque sia il nostro stato di vita, è per lassù. Come ha detto la Vergine di Lourdes a Bernardetta: "Non ti prometto di renderti felice in questo mondo ma nell’altro...". Fr. Pierre-Marie conclude